4. Non solo uno scrittore

E' successo per caso. Per caso la mia edizione di Se questo è un uomo comprendeva anche il libro successivo di Levi, La tregua, ovvero il racconto del viaggio attraverso l'Europa dell'Est a cui Levi e compagni furono costretti prima di tornare in Italia. Non so più perché, ma qualche anno fa ho iniziato a leggerla... e poi ho letto tutte le altre cose scritte da Levi. Scoprire uno scrittore è una specie di malattia, assomiglia molto alla fame (o alla tossicodipendenza), ma in questo caso c'era qualcosa di più. Di solito entrando in una libreria avvertiamo un leggero senso di colpa: tutti i libri che dovremmo leggere, tutti gli autori che dovremmo conoscere, Dostojevski, Tolstoj, Proust, ci guardano dagli scaffali con disapprovazione se compriamo ancora un altro fumetto. Invece per Levi nessuno ci ha detto niente. Nessuno ci ha neanche spiegato che Se questo è un uomo non è il suo unico libro, ma solo il primo, e che Levi non ha scritto solo di lager, e che I sommersi e i salvati è proprio uno di quei libri che devono essere letti.

Ma Levi è stato sempre accompagnato da una sorta di ostracismo da parte del mondo letterario. Fin dall'inizio, quando nel 1946 Natalia Ginzburg e Cesare Pavese, per conto di Einaudi, rifiutano di pubblicare Se questo è un uomo. Il libro esce, quasi inosservato e in pochissime copie, per un piccolo editore torinese. Solo nel 1958 Einaudi si decide a pubblicarlo. Ma anche allora pochi considerano Levi uno scrittore, al limite lo definiscono uno "scrittore concentrazionario". Succede perché lui non è solo uno scrittore: Levi anzi è prima un chimico, che nonostante il successo editoriale non abbandonerà il suo lavoro alla fabbrica di vernici di Settimo Torinese fino all'età della pensione.